L’art. 56 del Codice del Terzo settore prevede che le amministrazioni pubbliche possano sottoscrivere con le organizzazioni di volontariato e le associazioni di promozione sociale, iscritte da almeno sei mesi nel registro unico nazionale del Terzo settore (Runts), convenzioni finalizzate allo svolgimento in favore di terzi (quindi, non degli associati) di attività o servizi sociali di interesse generale, a condizione che tali convenzioni si rivelino “più favorevoli rispetto al ricorso al mercato”.

Le convenzioni c.d. “a rimborso”, stipulate tra pubbliche amministrazioni ed enti del terzo settore, rappresentano uno degli strumenti giuridici più consolidati per dare attuazione al principio di sussidiarietà orizzontale.

Hanno una lunga storia che risale al 1978, quando vennero previste dalla legge di riforma del sistema sanitario nazionale (L. 833/78) quali negozi giuridici che potevano essere stipulati tra unità sanitarie locali e associazioni di volontariato per lo svolgimento di attività integrative a servizi sanitari.

La convenzione fu poi codificata nella legge quadro sul volontariato n. 266/1991, diventando lo strumento principale per instaurare rapporti di collaborazione tra pubbliche amministrazioni e volontariato.

Dopo una evoluzione dell’istituto, contrassegnata da importanti pronunce della Corte di Giustizia Europea e della giustizia amministrativa italiana, la convenzione è riconosciuta oggi dall’art. 56 del codice del terzo settore.

La norma, in primo luogo, limita la possibilità della pubblica amministrazione di concludere convenzioni con le sole Organizzazioni di volontariato (Odv) e Associazioni di promozione sociale (Aps).

Si tratta di enti del terzo settore che si avvalgono prevalentemente dell’attività dei propri associati-volontari: in essi, infatti, vi è una impronta di tipo solidaristico più marcata rispetto agli altri Ets, che il legislatore ha inteso valorizzare, ammettendo a questa possibilità solo gli enti in possesso di questa qualifica.

Si ricordi che, per altro verso, nelle Odv e nelle Aps il ricorso a lavoratori dipendenti, autonomi o di altro tipo è ammesso solo entro limiti specifici (art. 33 per le Odv; art. 36 per le Aps).

Ciò emerge con chiarezza dalle linee guida sul rapporto tra pubbliche amministrazioni ed enti del Terzo settore (d.m. n. 72 del 2021).

Questo elemento incide anche sul contenuto della convenzione poiché l’art. 56, c. 4 esige che sia precisato “il contenuto e le modalità dell’intervento volontario, il numero e l’eventuale qualifica professionale delle persone impegnate nelle attività convenzionate, le modalità di coordinamento dei volontari e dei lavoratori con gli operatori dei servizi pubblici, le coperture assicurative”.

Le Odv e le Aps devono essere iscritte da almeno sei mesi al Runts.

Il lasso di tempo richiesto serve ad attestare un minimo di operatività, al fine di evitare che si tratti di enti costituiti al solo scopo di partecipare alla selezione.

In attesa della piena operatività del Runts, “il requisito dell’iscrizione al Registro unico nazionale del Terzo settore previsto dal presente decreto, si intende soddisfatto da parte (…) degli enti del Terzo settore attraverso la loro iscrizione ad uno dei registri attualmente previsti dalle normative di settore” (art. 101, c. 3).

Le convenzioni possono richiedere altri requisiti di partecipazione, ma tali requisiti debbono essere connessi alla tipologia di attività o servizi sociali di interesse generale da svolgere (ad es., un minimo di esperienza o di qualificazione nel settore interessato). Non è ammissibile, quindi, che siano introdotti requisiti privi di tale connessione, al solo scopo di escludere taluni enti o di favorirne altri (ad es., il possesso del riconoscimento della personalità giuridica).

Schema Convenzione ex art.56 Terzo Settore_Anci.fvg_2018

Mi occupo di formazione e supporto giuridico per gli enti locali in tema di affidamento e gestione di servizi alla persona e alla comunità.

Roberto Onorati
Blog

Progetto Autonomie Locali

Mantieniti aggiornato anche sui canali Social