
Con la sentenza n. 2334 del 2 dicembre 2024, il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania, sezione di Salerno, ha affrontato una questione di particolare rilievo nel quadro dell’evoluzione del diritto amministrativo dei servizi alla persona: l’ambito di applicazione del Codice dei contratti pubblici (D.lgs. 36/2023) ai procedimenti di accreditamento rivolti agli enti del Terzo Settore.
Il caso riguardava l’esclusione di una cooperativa sociale da una procedura di accreditamento per l’erogazione del servizio di assistenza socio-educativa scolastica per alunni con disabilità gravi, sulla base della carenza dei requisiti generali previsti dall’art. 94 e seguenti del suddetto Codice.
La questione giuridica
La cooperativa ricorrente ha contestato l’operato dell’amministrazione comunale, sostenendo che l’esclusione si fondasse su una non corretta applicazione delle disposizioni del Codice dei contratti pubblici, in particolare degli articoli 95 e 98, che disciplinano la rilevanza degli illeciti professionali gravi degli operatori economici.
Secondo la cooperativa, tale normativa sarebbe inapplicabile alle procedure di accreditamento destinate esclusivamente agli enti del Terzo Settore, rientrando queste ultime in un ambito derogatorio e collaborativo, disciplinato dal modello dell’amministrazione condivisa.
La decisione del TAR: tra deroga e principio di legalità sostanziale
Il Collegio giudicante ha accolto parzialmente l’impostazione della ricorrente, riconoscendo che, effettivamente, le procedure di accreditamento come quella in esame non rientrano formalmente nel campo di applicazione del Codice dei contratti pubblici, come confermato dalla deroga espressa contenuta nell’art. 6 del D.lgs. 36/2023, che esclude dal Codice le forme di partenariato collaborativo tra pubblica amministrazione ed enti del Terzo Settore, previste in particolare dagli articoli 55 e 56 del D.lgs. 117/2017 (Codice del Terzo Settore).
Tuttavia, il TAR ha ribadito un punto fondamentale: l’esclusione formale dal Codice non comporta l’inapplicabilità dei principi generali dell’azione amministrativa, che devono informare qualsiasi procedura amministrativa, ivi comprese quelle di accreditamento. L’azione amministrativa, infatti, è comunque vincolata al rispetto dei principi costituzionali di buon andamento e imparzialità (art. 97 Cost.), nonché dei principi generali di economicità, efficacia, pubblicità e trasparenza, sanciti dall’art. 1 della legge n. 241/1990.
La rilevanza dei requisiti generali e della moralità professionale
Il TAR ha sottolineato che, pur non essendo le procedure di accreditamento una vera e propria gara competitiva, esse implicano comunque una valutazione della capacità dell’ente di operare nell’ambito dei servizi pubblici essenziali, come quelli dedicati alla disabilità.
Ciò comporta, necessariamente, che gli enti selezionati debbano possedere requisiti di moralità, affidabilità e competenza professionale.
In questo senso, l’applicazione – seppur non automatica né integrale – di alcune disposizioni del Codice dei contratti pubblici, come quelle relative agli illeciti professionali gravi, può ritenersi legittima quando serve a garantire la qualità e la serietà degli operatori coinvolti, anche al di fuori della disciplina strettamente concorsuale. Il riferimento ai requisiti di cui all’art. 94 ss. del D.lgs. 36/2023 è stato pertanto ritenuto coerente con i principi generali e con gli obblighi di selezione di enti affidabili, previsti anche dal Codice del Terzo Settore.
L’applicazione flessibile del Codice dei contratti pubblici
La sentenza riconosce il carattere flessibile e funzionale dell’applicazione del Codice dei contratti pubblici in contesti di amministrazione condivisa.
In assenza di una normativa settoriale chiara o di linee guida nazionali dettagliate sui procedimenti di accreditamento, co-progettazione e co-programmazione, le amministrazioni pubbliche possono (e in certi casi devono) fare ricorso ai principi e alle disposizioni del Codice, laddove queste rappresentino espressioni di valori fondamentali dell’azione amministrativa, come il controllo sull’affidabilità e correttezza degli interlocutori.
Questa apertura consente di evitare vuoti normativi e garantisce un livello minimo di legalità sostanziale nella scelta degli enti partner, soprattutto in settori delicati come quello dell’assistenza a soggetti fragili.
Conclusione: verso una ‘governance’ collaborativa ma responsabile
La pronuncia del TAR Campania si inserisce in un dibattito ancora aperto sulla natura giuridica e sulle garanzie procedurali delle forme di partenariato pubblico-sociale.
Pur affermando l’autonomia e la specialità delle procedure di accreditamento rivolte al Terzo Settore, la sentenza ribadisce che l’amministrazione non può abdicare ai suoi doveri di verifica e controllo sull’affidabilità e sulla moralità professionale degli enti coinvolti.
La co-progettazione e l’accreditamento devono quindi intendersi non come “zone franche” del diritto amministrativo, ma come ambiti che richiedono una sintesi intelligente tra flessibilità e rigore, tra apertura collaborativa e controllo sostanziale.
È in questa logica che l’applicazione mirata e non meccanica di alcune disposizioni del Codice dei contratti pubblici può trovare piena legittimazione e utilità.